ciao Daniele, ci potresti spiegare che lavoro svolgi in Canada e la tua specializzazione?
Sono un ricercatore dell’ambito dell’idrogeologia, ramo della geologia applicato allo studio delle acque sotterranee. Mi occupo di contaminazione di falde e da qualche anno, nello specifico, della caratterizzazione e modellazione del drenaggio da miniere verso fiumi e acque. Qui in Canada lavoro come assistente di ricerca presso l’Università della Colombia Britannica.
Qual è la tua opinione su fracking, sabbie bituminose, shale oil e shale gas?
Ritengo che ciò che manca sono leggi adeguate per limitarne l’uso; si tratta di un metodo dall’altissimo potenziale economico per l’uso di risorse energetiche altrimenti inutilizzabili ma a cui manca ancora un adeguamento legislativo. E’ certamente vero che in questo momento manca una conoscenza approfondita riguardo l’impatto ambientale, per esempio, su acque superficiali destinate all’uso umano o sulla migrazione di metano verso la superficie ma queste metodologie non sono così diverse da altri metodi estrattivi ed esplorativi profondi altrettanto potenzialmente inquinanti.
Puoi fare un esempio?
Le attivita’ di bonifica di suoli contaminati, per esempio, richiedono perforazioni nel sottosuolo. In molti casi vengono perforati pozzi con profondità massima di 100-150 m, di gran lunga più superficiali rispetto a quelli del fracking, in cui si arriva anche a 2000 m. I pozzi superficiali sono maggiormente in contatto con le falde acquifere e quindi più pericolosi per l’uomo. Per questa ragione non e’ infatti consentito iniettare in falda fluidi contenenti certe sostanze ed esistono strumenti per valutare il rischio ambientale. La legislazione (italiana, europea o americana) e’ molto chiara in questo senso e viene da un’ esperienza scientifica di durata decennale. Negli Stati Uniti le compagnie non hanno l’obbligo di denunciare quali sostanze vengono aggiunte a sabbie e acqua durante il fracking, per il fatto che trattandosi di profondità elevate il rischio di contatto con la superficie e’ minimo.
qual è la tua opinione sulle sabbie bituminose, invece?
In questo caso, si tratta di attività superficiali poco energeticamente efficienti in cui il danno ambientale e’ altissimo e sotto l’occhio di tutti. In questo caso, la valutazione dell’impatto ambientale è diagnosticabile anche se, anche in questo caso, non esiste ancora un adeguamento legislativo. Devo far notare che il consumo energetico ed ambientale necessario per l’estrazione di questi prodotti e’ altissimo e non esiste un metodo per valutarli a grande scala. Per esempio, quanto vale lo sfruttamento di un acquifero per fornire acqua alle centrali di estrazione di sabbie bituminose? E’ difficile da valutare quantitativamente.
Il Canada è uno dei maggiori produttori di questo "petrolio sporco". Cosa sta accadendo a livello sociale nel paese in cui vivi? Esiste una opinione pubblica a riguardo?
Posso affermare come cittadino acquisito che trovo pareri molto contrastanti riguardo l’uso del "petrolio sporco". I Canadesi, e specialmente i residenti della Colombia Britannica, sono tradizionalmente molto sensibili a temi ambientali (basti pensare che Greenpace e’ nato a Vancouver). Certi Stati e province hanno optato per una sospensione completa di ogni attività nell’attesa di avere un quadro tecnico migliore. Dall’altro canto, però, e’ ineludibile non pensare agli effetti diretti sull’economia per l’esistenza di questa materia prima. La provincia dell’Alberta (il maggior produttore di oil tar del mondo) ha un indice di disoccupazione praticamente nullo e standard di vita notoriamente fra i più elevati. Ci sono poche mobilitazioni sociali in Canada (anche se talvolta eclatanti) per protestare contro la costruzione di nuovi oleodotti. Queste mobilitazioni vedono quasi sempre in prima linea individui e organizzazioni direttamente coinvolte dalle nuove infrastrutture, mentre il “cittadino medio” canadese sembra quasi disinteressato.
Negli ambienti legati alla ricerca invece, qual è l’opinione riguardo a questi fenomeni?
Nell’ambito della ricerca, la coscienza ambientale cambia drasticamente. C’e’ grande fermento verso la creazione di nuovi modelli di sviluppo che siano totalmente sostenibili. L’università in cui lavoro ha recentemente aperto un dipartimento di sostenibilità sostenuto con fondi governativi locali e interprovinciali per lo sviluppo di nuove metodologie che minimizzino l’impatto economico, sociale ed ambientale anche di attività estrattive. La speranza e’ che quanto di buono viene sviluppato a livello accademico diventi poi operativo a grande scala.
Sappiamo che gli USA e Canada stanno puntando molto su questa risorsa. Quali sono le prospettive future per questo tipo di "estrazioni"?
Basta osservare gli investimenti delle compagnie petrolifere in Canada e USA per capire che la tendenza e’ ottenere una maggiore indipendenza energetica; la corsa è iniziata ed è inarrestabile.
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