Great Pacific garbage patch. E' questo il nome della più grande area al mondo dove convergono rifiuti trascinati dalle varie correnti oceaniche, in particolare plastica. Nel 1997 Charles J. Moore, oceanografo, la scoprì al rientro da una regata nel sud della california. Il capitano è il fondatore di Algalita, associazione che si occupa dell' inquinamento marino. Ad oggi sono numerosi gli studi che hanno indagato questa e le altre aree simili disseminate nei nostri oceani.
Le nostre società consumistiche nonostante gli effetti devastanti che i prodotti plastici non riciclati producono sull'ambiente continuano indiscriminatamente a produrre bottiglie, packaging etc. con gravi ripercussioni sull'ecosistema marino e sulla catena alimentare della fauna che abita le acque dei nostri oceani (i prodotti plastici non sono infatti biodegradabili ma subiscono un processo definito come photodegradation: i polimeri vengono "sminuzzati" in parti sempre più piccole senza decomporsi; è così che entrano nella catena alimentare marina).
Le parole e i numeri non sembrano colpire l'opinione pubblica nè le aziende produttrici. Molti artisti ed attivisti si stanno allora muovendo attraverso linguaggi diversi per risvegliare la coscienza collettiva. E' il caso del fotografo Chris Jordan che nel 2009 ha usato la fotografia per documentare le conseguenze di ciò di cui stiamo parlando (le foto le trovate qui).
E' partendo da queste premesse che nasce Plastic Bank. Plastic Bank è infatti una organizzazione nata per rimuovere i rifiuti plastici dagli oceani, dalle spiagge e dalle vie d'acqua in generale, impiegando manodopera povera e permettendo ad essa di aumentare i propri standard di vita. Questa banca si stabilisce strategicamente nelle aree povere del mondo dove vi è abbondanza di rifiuti plastici -la prima "filiale" aprirà in Perù-. La raccolta dei rifiuti permetterà agli abitanti di queste aree di guadagnare denaro attivando circuiti di micro credito oltre a fornire crediti per l'acquisto di prodotti stampati attraverso la stampa 3D. I centri di raccolta e smistamento saranno localizzati nelle aree povere del mondo dove la concentrazione di rifiuti plastici è alta e il riciclaggio basso. I rifiuti verranno riconvertiti in prodotti di uso comune, come per esempio filtri per l'acqua, attraverso la tecnologia della stampa 3D. Tutto questo innescherà un meccanismo di rigenerazione di queste microeconomie locali. Obiettivo dell'operazione è anche quello di educare le popolazioni al valore del riciclo oltre a quello di fornire numerose opportunità imprenditoriali.
Plastic Bank ovviamente non è un'operazione (solo) filantropica. I fondatori David Kats e Shaun Frankson sanno infatti che «nel mondo sono dispersi migliaia di miliardi di dollari in plastica, che invece si dovrebbe riusare e far fruttare, quando possibile». E il loro progetto fa proprio questo: trasforma i rifiuti in risorse. Con una eccezionale consapevolezza e lucidità di come sia lento e difficile oggi cambiare le abitudini e gli stili di vita di intere popolazioni senza attivare meccanismi economici e di profitto.
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