1 maggio 2015. Tra poco meno di un anno prenderà il via la prossima Esposizione Universale.
Ritengo doveroso parlarne. Non tanto alla luce degli scandali giudiziari che alla vigilia di un evento così importante si stanno susseguendo (e che, considerando lo status della nostra classe dirigente permanentemente "invischiata" oltre che recediva -potrei scommetterci non saranno gli ultimi scandali da qui all'inaugurazione-). Ho deciso di parlare di Expo perchè ad un anno dall'inaugurazione occorre iniziare a pensare seriamente alle ricadute che un evento di questa portata avrà su Milano e sull'intero Paese. 20 milioni di visitatori, 144 Paesi, 60 padiglioni, un aumento del PIL stimato (dati Bocconi) di almeno 10 miliardi. Un indotto previsto di 24,7 miliardi di euro di produzione aggiuntiva con un incremento di valore aggiunto stimato in 10,5 miliardi di euro e 199 mila persone occupate collegate direttamente o indirettamente (unità di lavoro aggiuntive annue). È questo l’indotto economico che Expo 2015 produrrà a Milano e in Italia, tra il 2012 e il 2020 (dati Camera di Commercio Milano). L'Expo di Milano si preannuncia dunque come l'Expo dei record, almeno sulla carta.
Voglio però soffermarmi su un altro tipo di indotto che l'Expo potrebbe produrre. Ed è partendo dalla copertina di Wired di aprile che vorrei partire. HACK THE EXPO. Con questa esortazione si apre il numero di aprile del magazine. Nell'articolo principale di Wired aprile l'AD Expo Giuseppe Sala fa proprio questo messaggio per stimolare la creatività diffusa ad emergere e a contribuire a questa Esposizione Universale. Creatività veicolata da quel Fuori Expo e da quell'ecosistema che sicuramente potrebbe fiorire attorno all'evento parallelamente alla scena istituzionale. Questa tipologia di "indotto parallelo" sempre più denota le grandi manifestazioni culturali e ne diventa il potente alter ego (vedi la Biennale col suo Fuoribiennale, la settimana della moda con le sue fashion night e i suoi sconfinamenti urbani, ed ovviamente il Salone del Mobile con il Fuorisalone -al quale abbiamo dedicato un postin data 08/04/2013-). Le esortazioni di hackerare l'Expo risultano perciò molto interessanti oltre che potenzialmente redditizie, soprattutto in termini di lasciti al territorio in termini di progettualità e di "imprenditorialità applicata". Ecco allora che mi sento di potermi unire all'invito: HACK THE EXPO!
Una nota in coda al post: hack the expo è uno slogan che mi piace perchè non è lo slogan dell'umarell che con le mani dietro alla schiena non lascia spazio al fare. L'umarell del post preso in prestito da wired che a sua volta lo prende in prestito da bordo cantiere è ovviamente una metafora dell'italiano medio, sempre bravo a commentare, dalla partita di calcio alle maestranze al lavoro nel cantiere urbano, ma poco propenso a mettersi in gioco e verificare con la pratica le sue "teorie rivoluzionarie e innovative". E con hack the expo e tutti i Fuoriqualcosa si vuole provare a mettere in crisi questo modello e uno status quo che non giova a nessuno -tantomeno alla classe politica nostrana-.
(Dedicato a tutti gli
umarells)
Per approfondimenti:
articolo di wired di
aprile 2014
http://www.wired.it/economia/lavoro/2014/04/14/se-expo-impara-dal-salone-milano-ha-gia-vinto/
sezione del sito di
wired dedicata ad hack the expo
http://www.wired.it/topic/hack-expo/
un blog interamente
dedicato alla mitologica figura dell'umarell
https://umarells.wordpress.com/page/105/
il sito ufficiale di
Expo 2015
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