Vertical farming. Cos’è? Molti di voi ne avranno già sentito parlare. Il termine vertical farming identifica oggi quel tipo di agricoltura che utilizza lo sviluppo in altezza dei grattacieli e le tecnologie colturali come l’idroponica per produrre alimenti. In questo modo si promuove un modello sostenibile di agricoltura urbana. La storia potrebbe partire da molto lontano…già i giardini pensili babilonesi infatti adottarono la tecnica della coltivazione verticale. In ogni caso da allora ad oggi molte definizioni sono state date a questo approccio alla coltivazione. La città contemporanea si sta avvicinando al vertical farming soprattutto in risposta ai crescenti problemi di sovraffollamento e carenza di risorse che stanno sopraggiungendo (a partire dal 2050 infatti, circa l’80% della popolazione vivrà in centri urbani. Applicando le stime più conservative agli attuali trend demografici, la popolazione crescerà di 3 mld. da qui al 2050; saranno necessari 10000 mld. di ettari di nuova terra per produrre cibo sufficiente a sfamare questa nuova popolazione utilizzando le tradizionali tecniche di coltivazione. Attualmente più dell’80% della terra idonea alla coltivazione agricola è già in uso. Fonte: FAO e NASA).
Il mio interesse nei confronti del fenomeno è in particolare indirizzato verso quell’insieme di pratiche urbane che l’adozione di tale modello porterebbe nella città contemporanea. Vivere in un grattacielo o comunque in una città che ospita una vertical farm vuol dire avere a disposizione prodotti alimentari a km zero, derivati da una filiera controllata e soprattutto vuol dire portare l’agricoltura e le sue pratiche in città. Si potrebbero progettare vertical farming “di quartiere” e sulla logica degli orti urbani costruire una nuova socialità che parta proprio dalla condivisione e dalla gestione di questi orti verticali.
Una (auto) citazione: Greenvolts con Cinquearchitetti aveva proposto un modello di vertical farm all’interno del progetto di concorso AAA Architetti cercasi 2010 a Milano. In quel caso il volume dedicato alla coltivazione verticale era stato chiamato “Cascina Verticale” per l’implicazione territoriale del termine. La Cascina verticale era un elemento volumetrico modulare di forma organica interamente dedicato alla coltura idroponica di vegetali gestita dagli abitanti del quartiere che avevano diritto ognuno ad un proprio “appezzamento di terra” per il proprio sostentamento e la rimanente quota era di proprietà del quartiere che la gestiva e i cui prodotti venivano venduti al food market ai piedi dell’edificio e destinati al ristorante km zero all’interno del quartiere. Il modello era sostenibile anche dal punto di vista economico: la realizzazione del volume della vertical farm era possibile grazie alla cessione della gestione dei servizi ad essa annessi (food market e ristorante km zero).
(L'immagine di copertina e l'immagine allegata fanno parte del progetto "Cascina Verticale" di Greenvolts e Cinquearchitetti).
Per approfondimenti:
http://www.verticalfarm.com/more
http://scienceofthetime.com/2011/05/27/vertical-farming/
http://en.wikipedia.org/wiki/Vertical_farmingE alcune aziende che fanno sul serio:
http://www.nuvege.com/about1.html
> Posta un commento...