Il problema degli spazi abbandonati ed inutilizzati nella città contemporanea è sempre più diffuso. Ora che la crisi morde, gli spazi ex produttivi sono in continuo aumento. Si iniziano inoltre a vedere numerosi negozi al dettaglio con cartelli affittasi/vendesi e con vetrine disadorne. Anche il residenziale di una certa fascia comincia a risentire di questo inarrestabile processo. Questi spazi inoccupati si spera potranno presto trovare nuove funzioni e nuovi ospiti. Ma nell’attuale situazione i proprietari non riusciranno a (e in alcuni casi non vorranno) fare nulla se non tenerli vuoti ed abbandonati al loro destino.
Ci sono molti movimenti ed associazioni che lavorano, soprattutto nelle principali città metropolitane, per trovare una destinazione d’uso temporanea a questi spazi altrimenti inoccupati. Attraverso convenzioni con Comuni e proprietari riescono ad insediare nuovi inquilini e a trovare una o più funzioni per quel preciso periodo di tempo, a volte breve a volte molto lungo. Oltre a queste buone pratiche ri-funzionalizzanti ci sono pratiche che guardano più al valore simbolico dell’immobile o del quartiere. Sono quelle pratiche che si pongono l’obiettivo di ridare un ruolo simbolico all’edificio o al quartiere attraverso l’introduzione di interventi artistici. In questi casi l’arte lavora in stretta relazione col contesto, e le opere site-specific ridefiniscono una scala di valori che l’abbandono aveva stravolto, ridando così nuova luce ad un edificio che anche in una fase intermedia come quella dell’abbandono può vivere una vita propria e riappropriarsi di un ruolo altrimenti perduto.
E’ il caso di Les Bains. Le Bains è un edificio simbolo di Parigi. Costruito nel 1885, per quasi 100 anni ha ospitato uno dei più famosi bagni pubblici della capitale francese. Nel 1978 due fratelli affittarono l’immobile e decisero di stabilirvi una sala da concerti che si trasformava in disco alla fine di ogni performance, mentre al piano superiore si poteva cenare a qualsiasi ora. Il tutto progettato da niente di meno che dal giovane Philippe Stark. Il locale diventò un icona e negli anni ha ospitato, sia sul palco che come avventori, celebrità da tutto il mondo. Nel maggio 2010 l’esecuzione di alcuni lavori strutturali non autorizzati fece chiudere il locale da parte del Prefetto di Polizia. Così la decisione della proprietà di ridare una nuova vita all’edificio che sarà pronto per l’estate del 2014.
Nel frattempo però che fare? Lasciare l’edificio in uno stato di abbandono ed ignorare il potente ascendente che lo stesso possiede? No! La proprietà ha deciso di ospitare un team di artisti internazionali che lavorando per quattro mesi hanno prodotto eccezionali installazioni ed opere site-specific utilizzando i materiali dall’edificio e che ne hanno interpretato la storia e il valore. Il tutto durante il periodo di mezzo dell’edificio, dopo la sua chiusura e prima della sua ri-apertura. Domani 30 aprile l’edificio verrà abbattuto per poter partire con i lavori e con esso le opere ed installazioni che sono state realizzate al suo interno. Questo momento sancirà l’inizio di un nuovo ciclo.
Vorrei soffermarmi su come in questa visione delle cose il momento di mezzo, la fase intermedia del ciclo di vita dell’edificio abbia qui assunto un valore assolutamente di primo piano e che soprattutto pur non potendo ospitare alcuna funzione pubblica ha rivestito un ruolo pubblico fortissimo, che verrà reso permanente grazie ad un attento reportage fotografico supportato da un potente apparato comunicativo che ne ha immortalato le fasi e i risultati.
Questa è stata un’operazione certamente consapevole del ritorno in termini di immagine in vista della futura destinazione pubblica del luogo, ma sicuramente ci insegna come le fasi di vita di un edificio non siano definite e definitive. Un edificio può pulsare in maniera molto più forte durante uno stato di apparente abbandono/morte.
Les Bains è un intervento di tipo privato. Numerosi sono gli edifici pubblici in disuso che possiedono una fortissima valenza simbolica. E qui sto pensando alla maggior parte delle nostre città italiane. Mi piacerebbe che questo tipo di intervento diventasse una prassi diffusa per i nostri edifici pubblici. Quante città italiane hanno un patrimonio pubblico sfitto ed abbandonato, quante volte si è parlato di alienazione del patrimonio pubblico, quante volte abbiamo sentito i numeri da capogiro di questa situazione? Ma le decisioni come sempre tardano ad arrivare. Ed allora perché non mobilitare nel frattempo l’attivissimo mondo dell’arte per ri-dare vita a questi edifici (e peraltro aumentare sensibilmente l’appetibilità per eventuali investitori o acquirenti)???
Questo post è quindi la narrazione di una storia, la descrizione di un caso esemplare, e infine un auspicio. Un auspicio al fatto che anche le storie dei nostri edifici nelle nostre città possano diventare analoghe alla storia di Les Bains e che quello sterile periodo di mezzo degli edifici inoccupati possa divenire un momento denso di significati e portatore di energia vitale per tutta la città contemporanea.
Per approfondimenti:
http://www.lesbains-paris.com/
http://www.creativereview.co.uk/cr-blog/2013/april/les-bains
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