Quale futuro per le città? E quale ruolo giocherà la tecnologia? Per capire quale sarà il ruolo della tecnologia nelle città del futuro prenderò in prestito due voci, autorevoli e diametralmente opposte, che stanno indagando sul futuro delle città e sul ruolo della tecnologia: Saskia Sassen e Carlo Ratti.
Saskia Sassen sostiene che l'invasione della tecnologia rischierà di rendere le città obsolete portandole così verso una morte prematura [1]. Carlo Ratti invece individua nella tecnologia la direzione unica e salvifica che le città dovranno prendere [2]. Ma quale sarà il futuro reale delle città? La tecnologia ci porterà verso un declino inesorabile o farà di noi dei cittadini virtuosi?Sicuramente dalle due posizioni emerge come la tecnologia, nel bene o nel male, sarà fondamentale e giocherà un ruolo di primaria importanza nello sviluppo della città del futuro.
La città del futuro e il ruolo della tecnologia secondo Carlo Ratti
Secondo Ratti "i mobiles sono il nostro futuro, la linfa vitale del nostro stile di vita, i neuroni delle nostre reti e presto la struttura centrale delle nostre città. Essi potranno non offrire riparo ma potranno attivare le pensiline prima che cominci a piovere" [3]. Ratti afferma inoltre come gli edifici stiano oggi diventando sempre più computers e come l'informazione sia la nuova linfa vitale dell'architettura. Ratti parla di smart dust[4] quando afferma che dal momento in cui i sensori stanno riducendosi nelle loro dimensioni ogni componente architettonico diventa un potenziale posto per integrare quella smart dust di cui sopra.
Nella visione di città del futuro di Carlo Ratti la tecnologia innerverà gli edifici a partire dalla struttura stessa, divenendone parte integrante. Edifici che elaboreranno gli input ricevuti dagli abitanti trasformando la città stessa in una sorta di enorme computer in grado -spingendoci più in là col ragionamento- di modificare la struttura stessa della città per sopperire ai bisogni di volta in volta monitorati -in tempo reale- dai suoi abitanti.
La città del futuro e il ruolo della tecnologia secondo Saskia Sassen
Saskia Sassen, che alla domanda provocatoria "cosa ne pensa della definizione che Carlo Ratti da di città del futuro, ovvero che sarà la città dei bits e dei bricks"[5] risponde che "Ratti quando da queste definizioni lo fa da tecnologo" ha uno sguardo diametralmente opposto (essendo lei sociologa e Ratti ingegnere...).
Saskia Sassen è impaurita dalla possibilità che le città possano trasformarsi in fretta da spazi sensored a spazi censored[6]. Per evitare ciò queste tecnologie devono essere urbanizzate (urbanised) in maniera tale da renderle disponibili agli abitanti promuovendo un open-source urbanism. Ad oggi invece, denuncia Saskia Sassen, la tendenza è di rendere queste tecnologie invisibili (rendendo di fatto inattuabile questo meccanismo dell' open-source urbanism) trasformando la città in un sistema chiuso, e rapidamente obsoleto.
La Sassen afferma che la città ha un potere di hacking[7]sulla tecnologia ad essa applicata ed è in grado di aggiustarla agli usi urbani che meglio ad essa si adeguano. Quindi considera la città come un organismo con una propria autonomia.
La ricetta di Saskia Sassen per una sana evoluzione delle città consiste nel lasciare un certo livello di indeterminatezza dove l'open-source urbanism possa attuarsi. Disegnare un sistema che veramente metta la tecnologia al servizio degli abitanti e che non faccia degli abitanti degli utenti accidentali. Le pratiche urbane messe in atto dagli abitanti e gli spazi urbani stessi, secondo Saskia Sassen, sono il giusto mix che genera il bene comune. Saskia Sassen sottolinea inoltre l'importanza della presenza nella città di spazi indeterminati[8],come la strada. La strada è uno spazio in cui anche chi non ha gli strumenti formali può fare. I grandi progetti, quelli calati dall'alto, eliminano tutto questo, sono -usando le sue stesse parole- degli "atti di espulsione".
Conclusioni
La città del futuro di Ratti è la città di pietra, di mattoni, è la parte hardware. Innervata di sensori e di tecnologia, ma comunque costituita dagli edifici e dalle relazioni tra loro. La sua è una visione top-down. La città del futuro di Sassen è invece un organismo, è fatta di corpi e di cuori, di flussi, di pratiche e di spazi indeterminati. Il ruolo della tecnologia è considerato sussidiario (ma presente). La sua è una visione bottom-up.
La tecnologia di per sé non potrà portare la città del futuro ad essere smart. La città del futuro per la sua naturale e fisiologica evoluzione sarà sempre più cablata, ma il ruolo di traghettatore verso una città smart lo giocherà comunque il cittadino.
Quando Ratti parla di come oggi i mobiles siano la linfa vitale della città ammette come il ruolo del cittadino sia fondamentale e di come l'interazione città-abitante sia centrale nella costruzione di un futuro sostenibile. Quando Sassen fa riferimento all'open-source urbanism attribuendo un ruolo primario alle pratiche degli abitanti, conferma questa centralità degli abitanti e delle loro azioni.
In conclusione per costruire la città del futuro occorre costruire un habitat del futuro, in cui i cittadini possano usufruire di un alto livello di tecnologia ma che possano relazionarsi liberamente tra loro, con la città e con la tecnologia. Solo così la città del futuro si potrà dire davvero smart.
NOTA: di solito i post di greenvolts sono più contenuti, per dare la possibilità a chi legge di farlo senza prendersi troppo tempo. Questa volta non ho potuto condensare i contenuti in poche battute. Mi perdonerete ma se state leggendo questa nota, anche voi come me vi state interrogando su come sarà la città del futuro. E allora, visto che ormai di tempo ne avete dedicato parecchio a questo post, non ditemi che non avete una vostra opinione sul tema. Commentate commentate...
Per approfondimenti:
[1]Convegno internazionale "Technologies, Global Cities and Law", Milano 18 giugno 2013.
[2]Articolo "Living bits and bricks", di Alex Haw & Carlo Ratti, pubblicato sulla rivista AR, maggio 2012.
[3][...] mobiles are our future, the lifeblood of our lifestyles, the neurons of our networks and soon − the central structure of our cities. They may not offer shelter (few roofs are made of bricks) but they’ll activate the awnings before it’s started raining.
AR, maggio 2012, pag.91.
[4]AR, maggio 2012, pag.93.
[5]Domanda posta da greenvolts durante il convegno internazionale "Technologies, Global Cities and Law", tenutosi a Milano il 18 giugno 2013, riferendosi all'articolo pubblicato su AR, maggio 2012.
[6]Urbanising technology, contributo di Saskia Sassen all' urban age electric city conference, London, 6 – 7 december 2012, organised by lse cities
[7]la città come hacker, definizione data durante il il convegno internazionale "Technologies, Global Cities and Law", tenutosi a Milano il 18 giugno 2013
[8]Forgotten spaces, definizione data durante il il convegno internazionale "Technologies, Global Cities and Law", tenutosi a Milano il 18 giugno 2013
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