Il dibattito sui musei coinvolge amministrazioni, progettisti ed artisti già da un decennio. Nel 2011 Mario Botta al Congresso Mondiale degli Amici dei Musei, tenutosi a Genova ha detto: “Nel XX secolo si sono progettati più di cento musei e oggi ogni architetto vuole progettare un museo come voleva progettare una cattedrale nel Medioevo”; infatti è soprattutto questo “nuovo luogo” che ha fatto sì che gli architetti venissero definiti archistar perché essi rappresentano i luoghi della progettazione libera e privilegiata. Ma c’è un dato da osservare: la maggior parte dei grandi nomi dell' architettura ha visto nel museo un luogo in cui potersi permettere la massima libertà espressiva. È sorprendente quindi che sia stata proprio questa libertà a generare critiche da parte degli artisti che, anche nel caso del museo di Libeskind, si sono lamentati del fatto che non sono luoghi funzionali alle loro opere.
In queste ultime settimane Milano è stata al centro di discussioni in merito a questo tema. La giunta Pisapia infatti ha detto definitivamente addio al Museo d'Arte Contemporanea, firmato da Daniel Libeskind, che doveva completare la riqualificazione dell'ex Fiera e sorgere non distante dai tre grattacieli di CityLife. Il progetto è stato presentato nel 2008 e doveva rappresentare le proporzioni dell'uomo vitruviano di Leonardo per ospitare spazi espositivi. La variante alla convenzione con CityLife cancella il Museo, destinando i 45 milioni dell' opera prevista alla riqualificazione del velodromo Vigorelli e del Padiglione 3 dell'ex Fiera, chiamato il Palazzo delle Scintille. Questa scelta ha riaperto il dibattito sul ruolo dell’ architettura in relazione all' attuale sistema economico e sull' uso razionale e funzionale dei fondi pubblici. Le previsioni urbanistiche ed architettoniche erano state prese in momenti molto diversi e da giunte diverse; quella milanese ha accettato la sfida, intraprendendo un percorso politico in controtendenza alle logiche dominanti ma in linea con l' austerity che la crisi impone.
Costruire o riqualificare? Le città italiane, e anche Milano, sono costellate di edifici tendenti alla desolazione e all’ abbandono, siano essi elementi puntuali inglobati nel tessuto urbano, grandi aree produttive e commerciali lungo le principali arterie di scorrimento o quartieri residenziali incompleti. Se siamo obbligati a ripensare a un modello urbanistico più sostenibile, credo che la scelta operata dal comune di Milano si muova nella direzione corretta, anzi, obbligata.
per approfondimenti
http://www.youtube.com/watch?v=XcZuVXBoyNU
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