Oggi si chiudono le elezioni in Italia. Domani sapremo che futuro ci attende (sempre che un partito piuttosto che un altro possa avere tutta questa autonomia e potere di cambiare le cose…). Quello che questa campagna elettorale ci ha comunicato è sicuramente una scarsa attenzione al welfare. In realtà la diminuzione di interesse e di investimenti nazionali nei confronti del welfare è una tendenza ormai consolidata da qualche anno. A tal proposito il grafico che fa da copertina a questo post senza molte parole illustra in maniera esaustiva il peso del welfare nel nostro Paese negli ultimi anni. Questa situazione di crisi mette di fronte i cittadini ad un bivio: continuare a sperare che la classe politica possa attuare un’inversione di rotta (vedremo da domani che succederà) oppure, indipendentemente dalle speranze riposte nell’attuale classe politica, iniziare a muoversi autonomamente. A tal proposito sono sempre più le iniziative che partono dal basso e, coinvolgendo gruppi di cittadini organizzati e volontari, trovano delle soluzioni alle carenze del welfare nazionale. Visto che il blog di Greenvolts si caratterizza per le proposte concrete, citando esempi reali di buone pratiche, colgo l’occasione per parlare di un esempio di come si possa fare “welfare dal basso”: attraverso i servizi di baby sitting condiviso. Negli anni ’50 del ‘900 negli Stati Uniti sono nate le prime realtà di condivisione del servizio di baby sitting. Durante gli anni ’70 le cooperative che negli USA si occupano di questo tipo di servizio subiscono un forte sviluppo. Ad oggi questa pratica è diffusa in tutto il mondo. In Europa i primi paesi ad adottare queste pratiche sono stati quelli scandinavi. Come dicevo in apertura, la situazione attuale sta facendo nascere ed attecchire esperienze come questa, di un cosiddetto “welfare dal basso” anche in paesi come l’Italia, storicamente più restii ad “auto organizzarsi”. La condivisione del servizio di babysitting funziona così: si costituisce un gruppo di famiglie intenzionate a condividere il servizio di babysitting (in alcune cooperative –vedi Capitol Hill Babysitting Cooperative- il servizio è offerto dai genitori stessi, in altre il servizio è offerto da baby sitter esterni) senza scambio di denaro (la Capitol Hill Babysitting Cooperative per esempio dava ad ogni membro “scrip” per un valore di venti ore -uno “scrip” era un tagliandino del valore di mezz’ora-. I membri usavano gli “scrip” per pagare il servizio di babysitting. Per ottenere altri “scrip” le famiglie dovevano fare da babysitter ad altri bambini). Ogni famiglia fa presente le proprie esigenze e le proprie disponibilità. A quel punto l’amministrazione incrocia domanda e offerta e fornisce il servizio. In Italia queste esperienze in alcuni casi sono state intercettate ed istituzionalizzate da alcune Pubbliche Amministrazioni sensibili, che fanno da garanti sulla qualità del servizio erogato da determinate strutture (in alcuni casi sono stati stilati “Albi comunali delle baby sitter”) e non intervengono sulla gestione del servizio.
Ritornando al bivio iniziale: ben venga la sussidiarietà! Mi auspico però anche un ritorno dello Stato su queste questioni, che ritengo di fondamentale importanza e centrali per (ri)costruire un futuro a questo Paese.
Per approfondimenti:
http://en.wikipedia.org/wiki/Capitol_Hill_Babysitting_Co-op
http://www.nncc.org/choose.quality.care/qual.sitter.coop.html
https://www.babysittingcoop.com/index.php?page=5
https://www.babysitterexchange.com/servlet/Main.jsp?Act=getHome
http://www.comune.parma.it/portal/page?_pageid=189,629902&_dad=portal&_schema=PORTAL
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